giovedì 8 dicembre 2011

Racconto di Natale 2011


Solo una volta, ma per sempre

Solo una volta, ma per sempre. Un solo vagito, ma per tutti i vagiti del mondo. Una notte come le altre, una notte scura, una notte nel profondo, eppure una notte così diversa e piena di luce.
Il dolore atroce di un parto come ce ne sono in ogni istante del mondo, atroce e lieto di stupore. Atroce come ogni attimo eppure lieto come ogni istante.
Una carne che avvizzisce solo a guardarla, una carne abbandonata e sola, una carne che è la carne di ognuno. Ma una carne che si rigenera e riprende vigore. Una carne che da bianca di morte riprende i colori della fanciullezza. Una carne solita ma una carne rifatta.
Una madre che ama come ogni madre ama. Non c'è questione, non c'è dibattito su questo. Una madre che ama, come qualsiasi madre, in ogni piccolo villaggio del mondo, ama. Una madre che sa che ciò che ama lo perderà, un giorno. Ma una madre che, insieme, sa che quel figlio che ama non lo perderà mai.
Un figlio che è un mistero di figlio per ogni madre perché non ne conosce il destino, non ne conosce la meta, non le è dato sapere. Un figlio che è un mistero di figlio per ogni madre. Eppure un figlio che, pur essendo un mistero di figlio, ogni mistero svela.
Un bimbo, teneramente affidato come ogni bimbo, abbandonato tra le braccia di una madre, come solo un bimbo può fare. Eppure la madre lo guarda come se non fosse solo un bimbo, lo abbraccia come se fosse già la promessa di un uomo, il padre lo accoglie come se fosse molto di più di quel bimbo inaspettato. Arrivano da luoghi sconosciuti per guardarlo, anche solo per guardarlo, come un bimbo ma un bimbo che porta con se’ ogni bimbo.

Un vagito, un solo vagito. Una notte, una sola notte. Un dolore, un unico dolore. Una madre, una sola madre, Un figlio, solo un figlio. Un bimbo, un dolce bimbo.
Ma per tutti i vagiti del mondo, per tutte le notti del tempo, per tutti dolori dell’umanità e per tutte le madri del mondo, insieme a tutti i figli di questa terra.
Per tutti i figli e le figlie di questa terra. Solo una volta, ma per sempre.

martedì 4 gennaio 2011

11 righe: la fatica di ri-cominciare

Ieri ho ricominciato a scrivere. Ho deciso di scrivere un prologo al mio secondo romanzo di cui avevo già scritto anni fa il primo capitolo.
11 (undici) righe e, alla fine ero già sfatto, come svuotato dentro, senza più nulla.
11 (undici) righe che ho modificato mille volte (belli i tempi in cui scrivevo di getto...) ma, alla fine, ho salvato nel file del nuovo romanzo che portava come data di ultima modifica molto tempo addietro.
11 (undici) righe che sono come un nuovo inizio e speriamo bastino per dare l'abbrivio a questa nuova storia.

P.S. Ho scoperto solo poi che quel prologo l'avevo già scritto qualche tempo fa, dicendo le stesse cose ma in modo completamente diverso. Ho tenuto quello nuovo e ho buttato il vecchio. Segno che si cambia, eccome se si cambia.

venerdì 24 dicembre 2010

Natale 2010: un simbolo non può bastare

La vigilia di Natale stavo percorrendo in auto le strade pre-natalizie tipicamente intasate dalle ultime corse al regalo più azzecato o alla leccornia più esclusiva. Ascoltavo beatamente la radio. Purtroppo la musica, spesso, deve lasciare posto alle parole e quindi mi rassegno ad ascoltare un Giornale Radio di una rete nazionale.

Per lanciare un servizio sulla necessità di restauri alla Basilica della Natività di Betlemme la giornalista letteralmente dichiara: “La Basilica della Natività a Betlemme, il luogo simbolo del Natale.”

La frase mi suona subito come un colpo e ne ricavo un certo fastidio, non immediatamente compreso, che mi fa quasi perdere il controllo dell’auto. “Luogo simbolo”. Eh no, dico a mia moglie che mi sta accanto, “simbolo” proprio no. Lì Gesù c’è nato sul serio, altro che. Magari sarà questione di qualche metro più in qua o più in là ma lì dove campeggia la scritta “Hic verbum caro factum est”, proprio lì Gesù è nato sul serio. Altro che simbolo. Lì dove ora splende una stella argentata, proprio lì (o poco distante da lì) Dio ha preso le sembianze umane di un bimbo. E questa è una realtà per la quale la nostra umanità è salvata anche in questo istante. Definire “simbolo” quel luogo fisicamente constatabile è come relegare Gesù a mito, a qualcosa che non è reale ma che, soprattutto, non ha alcun legame con me, col mio oggi e con quello di ogni uomo.

Non è mica una questione lessicale, proprio no. E’ che quella giornalista ha fatto fuori, così come spesso facciamo noi durante le nostre giornate, il Mistero dell’Incarnazione da cui tutto è cominciato.

Ma grazie al Cielo, quel bimbo è nato e ciò è incancellabile. Perchè un “simbolo” non riesce a salvare la vita, ma una Presenza storicamente sperimentabile (rivelata cominciando proprio allora e proprio in quel luogo), quella sì.

domenica 19 dicembre 2010

Sedici anni (il mio racconto di Natale)

Aveva solo sedici anni ma sapeva già. Sapeva già che non sarebbe stato per niente facile. Non sarebbe filato tutto liscio, o come lei avrebbe voluto. Sapeva che ci sarebbero stati momenti difficili. Tuttavia non riusciva a non guardare gli occhi del suo piccolo senza un fremito di gioia. Del resto, quale madre guarda il suo bimbo appena nato e pensa alla sua fine? Sarebbe contro la natura stessa di una madre vivere la maternità nell’ombra della morte. Ma lei era diversa. Era una ragazza come le altre, eppure era diversa. Perché quel pensiero di morte a lei non sarebbe stato tolto mai, fino alla fine.
Certo, non ne conosceva i dettagli. Le era stato risparmiato, perché questo sì sarebbe stato terribile e troppo duro da portare, anche per lei: che la paglia del fienile si trasformasse un giorno in spine acuminate; che le tavole della culla si mutassero nelle braccia di una croce; che le sue stesse lacrime di gioia cambiassero sapore; che i canti di giubilo che oggi sentiva arrivare da lontano divenissero urla d’offesa; che i regali che riceveva diventassero alla fine dono della morte. Questo non lo avrebbe saputo, se non alla fine.
Eppure la sua gioia era perfetta ed il suo dolore era perfetto. Proprio come accade nel parto. Perfetto quel dolore perchè sia perfetta quella gioia. Tutte le donne lo sanno bene. Ma lei lo sapeva dapprima, perché sapeva già il prezzo del sacrificio ed il premio. Il sacrificio ed il premio. Il premio che si aspettava era già lì fra le sue braccia. Non doveva attendere la fine per godere di quel premio. Quel premio promesso era il bambino stesso, di questo era certa.
Ecco a cosa pensava mentre guardava quel figlio, nato nel momento meno atteso, nel luogo meno adatto, in una notte in cui tutti sarebbero stati bene a casa propria, nel caldo di una casa, nell’abbraccio della propria famiglia. Mentre guardava quel bimbo, la gioia era piena, perfetta in se stessa.
Conosceva il premio, conosceva il dolore. Eppure era rimasta lì senza fuggire, quando le era stato chiesto se voleva, se desiderava, se era disposta, se era pronta. Lei non si sentiva né disposta né pronta, ma lo desiderava. Pur essendo solo una ragazza di sedici anni, eccome se lo desiderava. Quello che le veniva chiesto era il compimento di quel desiderio che sentiva, giorno dopo giorno. Un desiderio che non conosceva bene, non lo comprendeva ma nulla riusciva a colmarlo. Solo in quel momento, nel momento in cui aveva detto sì, sentiva che quel desiderio poteva essere soddisfatto. Ecco perché si era lasciata andare. Aveva risposto con impeto, senza pensarci troppo. Che cosa c’era mai da pensare di fronte ad un desiderio corrisposto?
Tutto questo le passava per la mente mentre uno ad uno entravano quegli uomini sconosciuti, in silenzio. Guardavano il suo bimbo e poi lei, col suo compagno a fianco che teneramente l’amava. La guardavano come si guarda ad una donna che ha appena dato alla luce un figlio, con riconoscenza.
Finchè quel bimbo non chiese del latte, come solo i bambini appena nati sanno fare, senza bisogno di parola, con un gemito prima e un insistente pianto poi. Le madri comprendono quel linguaggio. Così anche lei fece quello che tutte le madri fanno e lo nutrì. Il piccolo le prese il dito di una mano e lo strinse fra le sue minuscole dita. mentre si nutriva.
“Non ti abbandonerò mai”, gli sussurrò mentre lo allattava. Le sembrò per un attimo che il piccolo stringesse più forte il suo dito con la manina.

sabato 16 ottobre 2010

Il dono più grande: dalla scrittrice Mimmi Cassola, il commento al mio romanzo.


Con commozione ricevo il grande regalo del commento al mio romanzo da parte della scrittrice Mimmi Cassola. Mimmi è una scrittrice vera, che ci ha regalato ben 17 libri con alcuni romanzi che hanno segnato la mia giovinezza ("Un'estate", fra tutti). A sedici anni avevo partecipato ad alcuni suoi "stage" (ora li chiamano così) di scrittura e, dopo più di trent'anni l'ho ritrovata, ancora amica.
Riporto qui, senza aggiungere nulla, i suoi commenti.
Permettetemi solo di dire che sentirsi chiamare "scrittore" da una scrittrice vera è il più grande regalo.

Ecco i suoi commenti, durante e alla fine della lettura (durata un solo giorno...):

Carissimo Mauro,
ieri notte alle 2 ho dovuto spengere il lume perché cascavo dal sonno!
Lo sai che sei uno scrittore, uno vero? Se in quello che scrivi c'è qualcosa della nostra scuoletta di scrittura, ne sono fiera e grata.
Ora me ne manca poco, e prima di sera ti riscriverò, Dio volendo. Ti avrei scritto anche stanotte, ma è meglio se arrivo prima in fondo al libro, non mi manca molto, ormai. I tuoi "personaggi" sono persone vere, da amare o da odiare: è questo che fa lo scrittore. (come soggetto o come complemento oggetto; scusa il pasticcio, ma la mia
Maturità al Berchet risale al 1959). Ho trovato due piccoli errori, che ti spiegherò: niente di grave, comunque.
Un abbraccio, Mimmi

Ho appena finito di leggere il tuo romanzo, e devo proprio dirti che mi è piaciuto moltissimo.
Davvero venivi ai miei incontri "letterari"? Se sì, guarda che diventerò molto fiera, se il risultato è stato questo!
Riassumendo: la trama è interessante e molto insolita. La scrittura è ottima. Il libro si legge molto bene, anche
grazie alla bellissima carta usata per le pagine, ma quello che veramente conta è il romanzo, che è ottimo. Grazie.
Ho appena finito di leggere il tuo romanzo, e devo proprio dirti che mi è piaciuto moltissimo. Davvero venivi ai miei incontri "letterari"? Se sì, guarda che diventerò molto fiera, se il risultato è stato questo!
Riassumendo: la trama è interessante e molto insolita. La scrittura è ottima. Il libro si legge molto bene, anche grazie alla bellissima carta usata per le pagine, ma quello che ve-ramente conta è il romanzo, che è ottimo. Grazie. Mimmi


Grazie a te, Mimmi, di cuore.

giovedì 14 ottobre 2010

Non è solo fantasia

Mi è capitato di incontrare una donna che ha vissuto e sta vivendo una vicenda tanti simile a quella raccontata nel mio romanzo.
Appena lo ha letto, mi ha detto che doveva assolutamente conoscere la donna che mi aveva raccontato la sua storia e che, secondo lei, io avrei riversato nelle pagine del mio libro.
Quando le ho detto che era tutto inventato, è rimasta stupefatta e non riusciva a crederci.

Rabbrividisco nel sapere che ci sono donne che realmente vivono vicende così terribili e forse ancora più terribili.
Ma che grande dono per uno che scrive sentirsi chiedere da qualcuno di voler incontrare la persona che ha ispirato il suo romanzo, quando invece è tutto nato dalla propria fantasia!
E' come se la mia creatività avesse creato qualcosa di talmente reale da farlo sentire vicino a chi, una storia simile, l'ha vissuta e la vive sul serio.
Che altri complimenti può desiderare chi scrive?

Quella donna è diventata oggi mia una grande amica.

sabato 1 maggio 2010

Ma il secondo romanzo?

Non c'è giorno che qualcuno non mi chieda a quando il secondo romanzo.
Così la sofferenza si fa più forte, perchè ho scritto il primo capitolo due anni fa. Peccato che ho scritto solo quello...
Provo un senso di frustrazione che probabilmente è dovuto al fatto che ultimamente ho letto molti romanzi di Grahan Greene (quello di "Il potere e la gloria", per citarne uno) e l'ammirazione per la sua scrittura mi ha in qualche modo bloccato. Mi ha fatto sentire tutta la consapevolezza del mio limite e mi sono chiesto perchè qualcuno dovrebbe voler leggere qualcosa di mio quando esistono cose così terribilmente belle di altri, senza paragone, meravigliose, da far stare a bocca aperta ad ogni riga.
Dicono che sia una cosa che passa, ma intanto...